La Strage di Schio, il ruolo dell’OZNA, la Questura di Verona

Pubblicato il 28 novembre 2024 alle ore 17:13

Durante una delle lunghe chiacchierate telefoniche al tempo del Covid con Mario Josè Cereghino, lo Scrittore Ricercatore che aveva ritrovato i Cablogrammi di Kappler su Aristide, era venuto fuori che in una Relazione dei Servizi Inglesi a proposito della Strage di Schio, nel Vicentino, erano coinvolti un Gruppo di Partigiani “infedeli” che pur indossando la “divisa della Polizia Partigiana di Verona” erano risultati al “soldo” della temibile OZNA, la Rete di Spionaggio che Tito aveva sguinzagliato nel Triveneto.

Ve ne era di che per attizzare la nostra attenzione.

Negli Archivi di Stato a Roma, sapevamo che da pochi mesi era stato reso disponibile materiale relativo all’attività della Questura di Verona.

Giungemmo a Roma nel tardo pomeriggio, giusto in tempo per dare una prima sbirciata agli Archivi Digitalizzati ed individuare i Faldoni d’interesse.

Al mattino successivo, appena giunti nelle sale degli Archivi e prima di accedere alla postazione di lavoro in sala Studio, nella Sezione n°86, notammo in bella mostra i Faldoni prenotati.

Ci impiegammo pochissimo tempo ad individuare i Fascicoli Personali della Banda Papini&co, la Banda terroristica che era sospettata appunto di avere “ispirato” la Strage di Schio.

In realtà, tra la documentazione presente in copia in ogni fascicolo personale, non sembrava esservi documentazione dei “fatti” del 45’, nulla che riconducesse all’Operazione d’Intelligence che aveva portato agli arresti, probabilmente anche a ragione visto che quella che era lì disponibile era documentazione esclusivamente della Questura di Verona. Ciò non di meno,  la corrispondenza intercorsa nel ’46 con il Ministero dell’Interno,  a riguardo lo stato detentivo degli interessati, risultò rivelatrice di quanto fosse accaduto l’anno precedente.

Nel fascicolo,  spiccava una nota datata 27 giugno del 46’, una relazione del  Questore Masiero sollecitata dalla Segreteria di Pietro Nenni Vice Presidente del Consiglio.

Il Capo della Segreteria di Nenni, Dott. Minuto, scriveva alla Dir. Gen. Pubblica Sicurezza, che a sua volta coinvolgeva Masiero, chiedendo lumi sulla sorte di Tedeschi, Papini etc., che a lui risultavano essere internati già da un anno quali “rei di atti antifascisti”.

Masiero rispondeva con una Relazione, tanto dettagliata quanto piccata, peraltro assolutamente coerente con le informative dei Servizi Alleati come ripresa da Cereghino ne “Le Menti del Doppio Stato” a proposito della  Strage di Schio. La nota di Masiero divergeva solo parzialmente sui presunti obiettivi del progetto d’attentato mentre confermava come, in una prima fase delle indagini, i propositi di provocare una Strage di Civili a Schio, pure accusati e poi scagionati dall’accusa di collaborazionismo, fosse a loro stessi sfuggita.

Scrive Masiero, come gli obiettivi dei terroristi fossero  “Il Generale Eisenhower (bontà loro), il Capitano Bean Capo dell’AMG a Verona, il Giudice Jeremonte Pubblico Ministero presso la CAS, il Dott. Barra Caracciolo Presidente della Corte ed altre personalità italiane”.

Intanto, la nota di Masiero forniva una prima notizia inedita, chiariva come i componenti della Banda fossero stati comunque già licenziati dal Corpo di Polizia Partigiana qualche giorno prima dell’arresto, la seconda appunto, come le vittime designate degli attentati, fossero prevalentemente rappresentanti delle Istituzioni italiane e non anglo-americane, dettaglio che risulterà di non poco conto nella decisione che avrebbe portato a definire la giurisdizione da applicare, ossia in quali carceri consegnare la Banda.

Qui, prima di andare oltre nell’approfondimento sul Carteggio della Questura, di è d’obbligo accompagnare il letto indietro fino al Giugno 45’, poche settimane prime dei fatti di Schio.

Già fin dai primi giorni dal suo insediamento, il Corpo di Polizia Partigiana era stato oggetto di lamentele, quando di non  vere e proprie denunce, sia da parte di privati cittadini che dei vertici stessi dell’AMG (Governo Militare Alleato).

Abusi, malversazioni e distrazione di beni erano la cifra prevalente in quella prima fase di attività da parte dei raffazzonati componenti del Corpo, reclutati senza andare troppo per il sottile e senza neanche un controllo al casellario giudiziale, procedura che verrà introdotta solo a posteriori quando i buoi risulteranno già scappati dalla stalla.

Aristide, ancora non a Capo del Battaglione Mobile ma insediato nel Ruolo di Istruttore della Commissione Investigativa presso la Corte d’Assise Speciale meglio nota come il CAS, aveva concentrato la sua investigazione e discreta attenzione, invero, sul gruppo animato da Papini – componente egli stesso della Commissione Investigativa - dove era approdato grazie ai buoni Uffici del fratello, autentico partigiano.

Di Dino Papini, in verità, la stessa nota d’archivio di Masiero ci narrava di come, in seguito al suo arresto, si fosse poi appurato che si trattava di un ex borsanerista già in affari a Milano con le GNR ed i Nazisti. Proprio l’attività d’indagine svolta da Aristide nelle settimane precedenti l’arresto, aveva consentito di individuare tutti i componenti della Banda e delinearne le finalità sovversive per conto di un’entità straniera, presumibilmente l’OZNA del Maresciallo Tito. Manovalanza mercenaria senza alcuna motivazione ideologica, nulla di più, ma forse per questo ancor più pericolosa.

Aristide aveva messo a parte Marchi, il Capo del Corpo di Polizia, del pericolo stragista che, come abbiamo visto, aveva già il suo bel da fare con la dilagante inefficienza e corruzione tra i suoi addetti, stigmatizzata in maniera sempre più stringente da parte del Comando Alleato. Per impressionare favorevolmente il Comando AMG, Marchi aveva avviato la riorganizzazione del Corpo, una girandola  di rotazioni negli Uffici e negli incarichi e poco più. Nel caso specifico, i vertici della Polizia Partigiana, preoccupati dei riflessi che questo scandalo avrebbe potuto  avere sulle sorti stesse del Corpo, che costituiva in quei primi mesi dalla Liberazione un Unicum nell’Italia del post occupazione, avevano optato per un più discreto e silenzioso licenziamento.

La misura adottata risulterà tardiva, in parte inefficace e tragica, la notte tra il 6 e 7 luglio del 45’, la situazione infatti era precipita ed a Schio si era consumata una  strage di cui ispiratori risulteranno almeno tre componenti della Banda Papini&co presenti sul luogo dell’eccidio insieme ad un gruppetto di giovani partigiani della Leogra, come rivelava l’informativa dei Servizi Inglesi.

Aristide non ci sta a che tutto si chiuda con il licenziamento dei sospetti, organizza una riunione con l’Intelligence Alleata e concorda retata e sequestri, azione che verrà portata a termine nella notte del 10 luglio. A quel  punto, mentre l’indagine Ufficiale va per suo conto, con il Comando Alleato tentennante se svelare l’azione dell’OZNA o lasciare che la responsabilità della strage, almeno quella materiale, ricada sulla Brigata Caremi, come in effetti è e finirà accertata in giudizio, si apre un braccio di ferro tra AMG e Questura di Verona sulla giurisdizione.

Gli Americani pretendono d’internare negli USA la Banda in attesa di Processo, Masiero e Tabasso resistono nel presupposto che le vittime destinate fossero prevalentemente componenti del CAS e la spuntano, se pure a condizioni. La Banda Papini&Co resta in Italia, in un Campo di Concentramento controllato dagli Alleati a Rimini in attesa di processo per Banda Armata.

Gli Alleati impongono il silenzio sul ruolo della Banda nella vicenda di SCHIO, che intanto fa ribollire tutto il Veneto di una tensione incredibile, tanto da rischiare di rappresentare quella miccia, quella provocazione auspicata da più parti per una resa dei conti.

Ma della Relazione di Masiero, che ci aveva consentito di far quadrare il cerchio, colpiva anche una problematica solo apparentemente minore.

La “minuta” di questa Relazione era contenuta nel Fascicolo di Tedeschi – componente della Banda Papini figlio di una ricca famiglia ebrea veronese, che risultava essere  la vera ragione del forte interessamento di Nenni. Questa velina, infatti, conteneva le correzioni apportate di pugno dal Masiero alla “bozza” di risposta al Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, predisposta da qualche fin “troppo zelante” funzionario di turno della Questura.

La bozza della minuta difatti, nella sua stesura iniziale, cercava in qualche modo di “edulcorare” i precedenti dei singoli “terroristi”, per la liberazione dei quali spingeva il Vice Presidente del Consiglio. Ma la cosa, a Masiero,  non garbava affatto tanto da apportarvi di pugno correzioni “inequivocabili” e tali da non consentire di annacquarne il profilo e la responsabilità stragista. Insomma, se qualcuno li voleva liberi se ne sarebbe dovuto assumere a pieno la responsabilità.

Per inquadrare la personalità di Masiero, va ricordato che ai tempi in cui era Commissario di Pubblica Sicurezza a Verona, durante la fase della “soluzione finale” e la deportazione di massa degli Ebrei, insieme ad altri 2 funzionari della Prefettura, aveva messo in campo una vera e propria campagna di “distrazione di massa” dichiarando “irrintracciabili oltre 300 ebrei”, circa il 90% dell’intera platea veronese. Lo scrittore e storico veronese Olinto Domenichini, in un suo recente lavoro “Le ricerche hanno dato esito negativo”, non esita a definirli “I Giusti di Verona” ed io non posso che concordare con Lui.

Ora, potete Voi immaginare un uomo come Masiero capace di derubricare l’operazione condotta da Aristide, d’intesa con l’AMG e che aveva portato agli arresti dell’intera Banda, come una operazione di “incarcerazione di oppositori del regime”, così come la prima nota della Segreteria di Nenni sembrava adombrare quasi volesse suggerire “una via d’uscita” per favorirne la liberazione dai Campi di prigionia? Non credo, anche perché già a suo tempo Masiero unitamente ad Aristide, che aveva un notevole ascendente tra i Servizi Alleati, si erano imposti impedendo la deportazione in USA, come avrebbero preteso gli americani, al fine di poterli sottoporre al giudizio di un Tribunale Italiano

In ogni caso ed a scanso di equivoci, nella sua nota,  Masiero evidenzia ai suoi interlocutori come durante le perquisizioni  a Papini sia stata trovata la disponibilità di un Assegno da 1.935.000 lire, a conferma dell’ampia disponibilità finanziaria di queste cellule e, conseguentemente, della estrema pericolosità dell’interessato.

La vicenda umana di questa Banda di Terroristi, al soldo più o meno consapevole degli interessi espansionistici titini attraverso la Rete OZNA, si consumerà brevemente nel Campo di Concentramento di Rimini da dove verranno liberati, senza che sia mai stato celebrato un processo, grazie alla già richiamata interpretazione “benevolmente” indotta dell’Amnistia Togliatti, così come puntualmente sollecitata dalla Segreteria Particolare del Vice Presidente del Consiglio Pietro Nenni, già prima richiamata. Tedeschi, che fin dalle prime note appare il principale oggetto beneficiario delle attenzioni del Leader di Governo, e Rigo usciranno con foglio di via per la città di residenza che è Verona il primo Agosto del ’46, Montresor Plinio il 19.08.46, Fumagalli Paolo il 04.09.46 e da ultimo il Papini il 12.02.47.

Ma vi è un ulteriore risvolto della  tragedia di SCHIO, di questa già complessa vicenda, che merita attenzione ed un approfondimento.  Come abbiamo visto, a tutt’oggi, non si è riusciti Ufficialmente a fare un punto sui “mandanti” e sul ruolo giocato da alcuni dei protagonisti laterali a questa vicenda ma politicamente di grande rilievo. A noi tanto è risultato possibile scoprire, grazie all’opportunità di potere mettere insieme   le testimonianze dei protagonisti “laterali” che avevamo casualmente incrociato, e quindi alla condizione eccezionale che ci aveva consentito di riunire   i comportamenti dei vari attori, metterli tutti sul tavolo e provare a leggerli, nelle loro interconnessioni, per trarne un quadro “storicamente” solido.

Di contro sapevamo, dalla ricostruzione dell’inchiesta Ufficiale condotta dall’AMG e dagli atti del Processo, che non si era riusciti ad individuare con chiarezza una mandante mentre restava evidente la parziale responsabilità di alcuni giovani partigiani della Divisione Caremi – Brigata Leogra- nel bliz del 6 luglio al Carcere di Schio.

Ancora, nelle sue memorie esplicitate in un bellissimo Reportage in Bianco e Nero della RAI ancora visibile su YouTube, Massimo Caprara allora  Segretario particolare di Togliatti  Ministro di Grazia e Giustizia, ricorda quei giorni e quelle ore concitate. Una Rappresentanza partigiana, preoccupata degli imminenti arresti da parte dell’AMG di un folto gruppo di partigiani della Leogra, si era recato a Roma per chiedere l’intercessione del Ministro e Segretario del PCI Palmiro Togliatti.

Caprara li riceve al Ministero in Via Arenula, li ascolta, vista l’urgenza decide di raggiungere Togliatti alla sede del Partito in Via delle Botteghe Oscure. Togliatti, appena capito l’oggetto lo gela, lo invita a lasciar perdere, lo mette a parte di essere già stato informato e   di come dietro questa storia ci sia  ben altro, altro dal quale  è bene restare lontani. Anche l’Organo Ufficiale del PCI l’Unità liquiderà la vicenda attribuendola ad Agenti provocatori.

E’ noto, difatti, come in quel periodo storico la tensione tra le due anime del PCI, quella nazionalista di Togliatti e quella insurrezionalista di Secchia e Longo, fossero ai ferri corti e più. Nelle periferie, il coinvolgimento del Partito Comunista nel Governo d’Unità Nazionale con De Gasperi era visto come un cedimento pericoloso a dispetto della causa bolscevica, tanto cara proprio alla sinistra insurrezionalista del Partito. L’Amnistia Togliatti, che   dal “Migliore” aveva preso il nome aveva fatto il resto. Ed era proprio tra le file degli insurrezionalisti che si era insinuata la strategia di Tito che, dietro la sua originale via al Comunismo, celava le proprie mire espansionistiche sul Triveneto italiano, obiettivo a portata di mano visto che già il suo vessillo sventolava sui pennoni dei palazzi di città a Trieste. Va ricordato infatti, che Tito era entrato a Trieste il giorno prima degli Alleati ed aveva preso possesso dei palazzi del potere.

Ma se l’ala insurrezionalista tramava, quella lealista e governista che faceva capo al Segretario Togliatti resisteva ed aveva messo in campo una rete di relazioni ed informatori per sventare le provocazioni, anche di stampo terroristico, tra le quali possiamo certamente iscrivere la Strage di Schio.

Fu quello un periodo nel quale Aristide utilizzerà a piene mani la collaborazione con quelle personalità del CNL di Area PCI lealista che aveva conosciuto nei giorni bui dell’occupazione nazifascista di Verona, quando aveva utilizzato il doppiogioco con nazisti e RSI per tutelare fino alla Liberazione la “Resistenza al Monte”, i perseguitati ed i rifugiati senza ricovero, e comunque tutti gli attenzionati delle S.S. e lo S.D.I. .

Tutto il periodo d’impiego come Comandante del Reparto Investigativo prima e poi Comandante del Battaglione unico di Polizia Partigiana fino alla fine del 1946, Aristide lo vivrà indossando una doppia casacca, quella del servitore dello Stato nascente ma anche quella dell’uomo d’Intelligence in stretta collaborazione con l’Intelligence Americana ed Inglese. Ma non solo, se in filigrana s’intuisce che Aristide ha frequentazioni con gli ambienti riservati del P.C.I., diretti ed alla luce del sole sono le frequentazioni con i Capi Partigiani di gran peso. Sarà il Comandante Gianni Marini, già coperto durante la clandestinità sui colli veronesi, ad accompagnare Aristide quando consegnerà al Quirinale nelle mani di RE Umberto un Dossier riservato recuperato durante indagini svolte sul Lago di Como aventi ad oggetti fascicoli sullo stesso Monarca, i principali Gerarchi Fascisti, Churchill etc..

E quanto queste relazioni gli fossero   tornate utili nel biennio 46’-47’ lo avevamo già verificato ancor più alla luce delle rivelazioni della Consulenza del prof. Giannuli alla procura di Brescia che aveva indagato sulla genesi dello stragismo nero che affondava le sue radici nel periodo pre Gladio, appunto. Ma questa è un’altra Storia che vi narreremo più avanti.

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